L'Oratorio del SS. Crocifisso fu costruito tra il 1741 ed il 1750 a spese della confraternita, previo acquisto dei suoli dai padri domenicani che in quel luogo avevano un giardino incolto con un' angusta abitazione, spesso usata come ritrovo per donne di malaffare. L'oratorio fu realizzato sui disegni del tenente di artiglieria Carlo Multò, in servizio presso il regio castello di Gallipoli. La precedente chiesa, che sorgeva nelle vicinanze della chiesa di S. Francesco d'Assisi, era stata seriamente compromessa dai marosi. L'oratorio è sede della confraternita del SS. Crocifisso già sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, cui erano aggregati prevalentemente i bottai, i costruttori di botti.
Nel 1834 a seguito dell'incendio del presepe allestito al lato dell'altare, si danneggiarono gli stalli confraternali ed andò distrutta, fra l'altro, la statua del Cristo Morto. Dai registri del sodalizio risulta che nel 1834 i confratelli provvedevano a rifare tutti gli stalli in legno ed un confratello donava la statua del Cristo Morto che ancora oggi viene portata in processione durante il Venerdì Santo in artistiche composizioni rievocanti il tema della Deposizione. Nel 2005 i lavori di restauro e pulitura del Cristo Morto hanno consentito di scoprire che la statua è intagliata nel legno di noce e che tra la pittura ed il legno vi è uno strato di minio - materiale utilizzato per impermeabilizzare le barche - che ha protetto il simulacro dai tarli ed ha evitato al legno di deformarsi e lesionare la patina pittorica. Nel 2006, a totale spesa della confraternita, è stato restaurato l'esterno della chiesa, riportato ai suoi colori originali. L'abito confraternale è composto da saio e cappuccio rosso a simboleggiare la passione di Cristo e mozzetta, particolare mantellina turchina con le due effigie del SS. Crocifisso e di S. Michele Arcangelo. Solo durante la processione del Venerdì Santo i confratelli indossano una corona di spine intrecciata con steli di asparago selvatico, a memoria di quella indossata dal Cristo e procedono a volto coperto in segno di penitenza.
foto Rita De Donno
1.LE ORIGINI
Le origini di questo oratorio confraternale e della confraternita omonima, derivano dall’altare di santa Maria di Carpignano, sito nella preesistente chiesa di San Giovanni Battista il cui culto fu importato dalla famiglia Lubelli di Serrano, erigendo altare contestualmente al beneficio ecclesiastico fondato il 16 maggio 1636 sotto lo stesso titolo e di jus patronato. Il culto, è direttamente riconducibile al ritrovamento (1568) nella grotta di San Giovanni, a Carpignano Salentino (LE), di una immagine bizantina raffigurante la Madonna con Bambino e comunemente chiamata la Madonna della Grotta o di Carpignano. Sin dal 1662 nella chiesa di San Giovanni Battista, oltre alla confraternita sotto lo stesso titolo, è attestata l’esistenza di una congregazione intitolata a santa Maria di Carpignano, della quale è documentato un tal Giovanni Fajulo come Prefetto. Figura di spicco nella storia del nostro oratorio è un certo Sebastiano Sandalo, appartenente alla stessa congregazione e a lui si deve la sua erezione e il successivo ampliamento. Fu fatto d’obbligo ai confratelli ad erigervi (1663) un proprio oratorio entro il termine di due anni, pena la decadenza nel suo atto di liberalità, “sotto il titolo della Vergine Santissima di Carpignano che sta nella Chiesa di S. Giovanni di questa Città. Nella quale possasi congregare nelli giorni stabiliti le regole, li fratelli foresi e pescatori, a farle le loro orationi, mortificationi, ascoltar la messa e frequentar li Santissimi Sacramenti e fare tutte l’altre opere pie, informe ordineranno dette regole”. Nel termine stabilito (1665) fu dunque eretto il nuovo oratorio che però non fu intitolato a Santa Maria di Carpignano ma a Santa Maria degli Angeli. E’ quanto lascia supporre il fatto che l’originaria denominazione della congregazione la troviamo dapprima affiancata (e preceduta) da quella di santa Maria degli Angeli e poi definitivamente soppiantata qualche anno dopo (1669) da quest’ultima. Dalla visita pastorale di mons. Filomarini, eseguita nel nostro oratorio il 29 agosto 1715, oltre a confermare l’istituzione della congregazione di santa Maria degli Angeli, da parte di mons. Montoya, che ne dettò lo statuto, aggregando laici del ceto di pescatori e contadini, è attestata anche la presenza di una confraternita sotto lo stesso titolo. I confratelli vestivano un saio bianco con cappuccio dello stesso colore e mozzetta di colore violaceo con immagine dipinta della Beata Vergine Maria. Mozzetta che fu sostituita nel 1769 con quella attuale di color blu marino. Nello stesso anno si aggregarono le categorie degli artisti e degli artigiani.
2. L’EDIFICIO
L’edificio, a navata unica, è ubicato lungo il periplo del centro antico di Gallipoli, sul versante sud-sud/ovest, la cui facciata guarda i due isolotti del Campo dei Piccioni e dell’isola di sant’Andrea. Sul prospetto dell’oratorio è collocato un bel pannello maiolicato realizzato nel 1942 dalla ditta napoletana Raffaele Vaccarella, raffigurante la Madonna Assunta in cielo, sostituendo l’affresco eseguito nel 1875 da Giuseppe Pagliano. All’interno decorano le pareti laterali quattro grandi dipinti, realizzati nel XVIII secolo da Diego Oronzo Bianchi, pittore originario di Manduria: La Moltiplicazione dei pani e dei pesci; La Distribuzione dei pani; La Disputa tra i dottori della chiesa; Le Nozze di Cana. Nella parte sottostante, e tutt’intorno all’aula, si possono ammirare gli stalli, con cornici dorate e motivi floreali, dove siedono i confratelli, e il pancone dell’Amministrazione. Nella seconda metà dell’ottocento, fu abbattuto il vecchio altare ligneo per dare spazio al nuovo altare in pietra leccese e stuccato in finto marmo policromo, realizzato nel 1876 dallo stuccatore Mastro Luigi Schiavone di Monopoli. Al centro del dossale è collocata la pala con l’immagine della Madonna degli Angeli (sec. XVII) attribuita alla bottega di Gian Domenico Catalano. Ai lati nelle rispettive nicchie, le quattro statue lignee policrome dei protettori della confraternita: sant’Andrea, protettore dei pescatori; sant’Isidoro, patrono dei contadini; san Giuseppe, protettore degli artigiani e san Giovanni Battista, protettore degli artisti. Tra le opere scuoltoree, situate in apposite nicchie a muro, sono custodite le statue ottocentesche di cartapesta leccese, del famoso Achille De Lucrezi, che realizzò nel 1866 “il Crocefisso” e un “Cristo morto” e poi ancora nel 1895 la “Madonna Assunta in cielo”. Un’altra statua raffigurante la “Madonna degli Angeli” fu commissionata a Napoli nel 1825. Il simulacro dell’Addolorata (manichino vestito) fu invece donato nel 1824. Sul controprospetto vi è la cantoria dove fu collocato il settecentesco organo, opera dell’organaro tarantino Giuseppe Corrado.
3. LE PROCESSIONI
La confraternita, oltre a organizzare le processioni dell’Assunta (14 agosto), titolare della confraternita; sant’Andrea (29 novembre) e san Luigi (20 giugno), invitati dall’Associazione Cattolica “San Luigi”, partecipa con quella del SS. Crocefisso alla processione del “Cristo morto e dei “Misteri” nel Venerdì Santo portando per le vie di Gallipoli il simulacro della Vergine Addolorata.
Testo e ricerche storiche a cura del confratello Antonio Faita.
Nel XVI secolo sotto la diocesi del Vescovo Giovanni Montoya y Cardona (1659-1666) fu istituita la Congregazione o Confraternite dei facchini sotto il titolo di S. Maria della Purità tra il 1662 e il 1665. Sempre in quegli anni venne realizzato l'oratorio a navata unica, con cantoria in muratura sul contro prospetto, nei cui sottarchi furono affrescati i quattro Evangelisti. L'aula fu successivamente ampliata e costruito il nuovo altare marmoreo alla romana, con la cantoria e l'organo al lato. Gli statuti della Confraternita furono approvati da Ferdinando IV di Borbone il 31 dicembre del 1768, dopo esser stati esaminati dal Cappellano Maggiore del Regno e si intitolavano: Regole per i confratelli Bastagi congregati sotto il titolo di S. Maria della Purità nella città di Gallipoli. La regola della Confraternita imponeva che la parte fondante della confraternita fosse il ceto dei facchini cioè degli scaricatori di porto detti vastagi o bastagi e di coloro che lavoravano nella produzione dell'olio lampante ma con rare eccezioni. Per grazia particolare venivano ammessi altri artigiani o civili. I confratelli godevano di alcuni benefici: il diritto per tutti i confratelli, le mogli e le figlie nubili, di esser considerati iscritti alla confraternita, avendo altresì diritto alla sepoltura ed il suffragio di quaranta messe nell'arco di un anno. Per giunta i confratelli di età superiore ai settantenni erano dispensati dal lavoro e percepivano lo stesso salario di un lavoratore e alle vedove e agli infermi era corrisposto un sussidio giornaliero eguale al guadagno dei lavoratori. In quel periodo le confraternite erano delle vere e proprie società di mutuo soccorso , che supplivano alle carenza della vita sociale dell'epoca garantendo standard di vita migliori. L'abito confraternale è composto da saio e cappuccio bianco e mozzetta giallo paglierino profilata di rosso e da cordone rosso.